Presentazione Dell'Opera

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Prefazione

Non ho la presunzione di definirmi uno scrittore, e ancor meno uno storico. Semplicemente, sono un appassionato di storia e mi sento irresistibilmente attratto da quelle leggende ai suoi margini che arricchiscono la nostra cultura di insegnamenti morali ed etici che hanno indubbiamente contribuito a configurare la nostra identità europea e la nostra civiltà occidentale.

Scrivere mi diverte, mi entusiasma, mi coinvolge profondamente... Spesso mi rendo conto di come i miei personaggi prendono il sopravvento e dirigono il racconto in direzioni che non avevo previsto, come se avessero veramente assunto identità e iniziativa propria e si fossero emancipati dalla mia tutela. Quando questo accade, rimango attaccato alla tastiera e non riesco più a staccarmene finché l’azione è conclusa, perché i personaggi insistono ad arrivare fino in fondo... Però dopo, andando a dormire, mi sento soddisfatto quanto e più di quando torno dall’aver scalato una montagna.

A volte mi capita di non scrivere per settimane, o anche per mesi... Poi all’improvviso, durante la notte, uno dei miei personaggi viene letteralmente a tirarmi le lenzuola per strapparmi alla mia pigrizia, e mi racconta nei dettagli un episodio cui non avevo mai pensato prima, e che s’inquadra perfettamente nella cornice storica che ho studiato pazientemente scavando in rete o sfogliando un libro.

...E allora torno improvvisamente a scrivere, di getto, come trascinato da un’energia che non sembra neppure provenire da me.

Chissà, magari sono davvero i fantasmi di persone vissute oltre mille e cinquecento anni fa, e che sgomitano e scalpitano per sfuggire all’oblio: gente che aveva trovato la forza e la dignità di opporsi a una decadenza che pareva inarrestabile, e che aveva deciso che la fiaccola della civiltà non avrebbe dovuto spegnersi.

 

Non so se le storie narrate in questo libro si avvicinino molto alla realtà vissuta da queste persone che hanno gettato i semi dell’Europa in cui viviamo noi oggi e che - dimentichi di cosa ci fosse prima - non sappiamo neppure apprezzare appieno.

Io però ho fatto del mio meglio, cercando di raccogliere quanto accertato dalla storia e di collegare fra loro fatti noti, probabili o controversi, e di collegarli immaginando figure che sicuramente sono esistite in qualche modo, pur senza raggiungere la notorietà sufficiente ad essere annotate dai pochi storici del loro tempo. Perché in quell’epoca buia, in cui le fiaccole della civiltà si stavano spegnendo una dopo l’altra, l’istruzione era stata la prima vittima e le persone capaci di registrare con la scrittura gli eventi erano scomparse per prime.

Ci restano poche note lasciate dai cronisti ancora esistenti, spesso isolate e in contrasto fra loro, e i ricordi passati di bocca in bocca e modificati attraverso le generazioni fino a diventare leggenda.

Ho cercato di rendere il risultato più plausibile possibile, offrendo possibili risposte a domande che finora non ne hanno trovate e che rappresentano vuoti odiosi nella conoscenza del nostro passato comune. Il risultato, spero, è una versione possibile di come siano andate in realtà le cose; una versione che ho cercato di rendere più credibile possibile rispettando la realtà storica accertata, pur nella consapevolezza della mia mancanza di titolo ad affermarne una nuova.

 

Insisto: non sono uno storico, e neppure uno scrittore. Sono un soldato, e ho trascorso la mia vita a servire il mio Paese nella convinzione che i suoi valori meritassero di essere difesi. Ma sono anche una persona curiosa, e questi valori che ho giurato di difendere ho voluto anche studiarli, analizzarli, e scoprirne le origini.

Civiltà, libertà, giustizia, progresso... Non sono solo concetti astratti scontati da proteggere in quanto utili a definire la nostra società. Sono conquiste costate carissime ai nostri antenati, e che vanno difese non tanto perché rendono la nostra vita degna di essere vissuta, ma soprattutto per rispetto a quanti hanno lottato per acquisirle e per passarcele in eredità.

Andare a ricercare l’origine di questi valori mi ha portato ad approfondire lo studio della storia, che già mi appassionava in quanto soldato per la sua dimensione militare... E tutte le mie ricerche mi hanno sempre ricondotto a Roma.

Roma, che si era evoluta da città a mondo, ed infine era diventata un’idea: un’idea così forte che quando lo stato cui aveva dato il nome si era sgretolato, le genti che si erano trovate ad abitare sui territori che un tempo si erano chiamati romani avevano continuato ad inseguirla e a cercare di farla propria.

L’idea dello stato quale bene dei cittadini è nata in Grecia ed è stata istituzionalizzata a Roma, e in nessun altro posto... È sopravvissuta a consoli, cesari, augusti, imperatori e re, ed è arrivata intatta fino a noi perché cittadini di tutti le epoche hanno lottato, ciascuno nel suo piccolo, perché quest’idea sopravvivesse portando con sé tutti i suoi valori originali, arricchiti dall’esperienza dei secoli e affinati nel tempo, ma sempre intatti nella loro natura originale.

 

In particolare, la forma con cui questi valori così importanti ci sono pervenuti, deriva dagli eventi occorsi quando le fiaccole della civiltà romana classica si sono spente e il buio ha avvolto le nostre terre, offuscando le menti e raggelando gli animi di chi si è trovato a vivere nei tempi più foschi della storia.

Quando il mondo si chiamava Roma, la gente viveva in condomini urbani o in ville di campagna incredibilmente simili alle nostre abitazioni moderne, con riscaldamento e servizi igienici; esistevano scuole pubbliche, assistenza sociale, banche, tribunali e avvocati, servizio postale, fogne e acquedotti, piscine pubbliche e palestre, un sistema stradale rimasto in vigore fino al XX Secolo e un corpus giuridico per molti versi ancora valido oggi.

Nel Medio Evo, tutto questo era scomparso. La certezza del diritto, l’ordine sociale, architettura e ingegneria, la gestione dell’economia a livello statale e privato, le conoscenze mediche e la cultura... Tutto perduto nelle tenebre dell’ignoranza e della paura, sostituiti dalla sopraffazione, dalla superstizione e dalla paura.

Tutto, tranne quell’idea di Roma.

Quell’idea per la quale a livello più o meno conscio, tutte le genti che a vario titolo avevano conosciuto in passato il mondo romano hanno continuato a lottare, nell’intento di tornare a quel livello di vita che l’occidente aveva conosciuto quando si chiamava Roma.

 

È stata una dura lotta. Contadini, chierici, guerrieri, commercianti e marinai, nobili e villici, poco alla volta hanno ricostruito ciò che era andato perduto. La riscoperta di documenti classici smarriti ha condotto alla ripresa della cultura e della tecnologia: così abbiamo avuto la cultura romanica, il Rinascimento e il Romanticismo...

Ci sono voluti oltre mille e trecento anni per tornare al livello di prosperità dell’impero, ma ci siamo riusciti. L’Europa che è uscita dalle tenebre era diversa da quella che vi era precipitata, ma era sua figlia, e nella sua diversità, ancora più forte.

Ha commesso errori tremendi, ma ha saputo riscattarsi, e oggi è casa nostra.

Una casa di cui, guardando al passato che i nostri nonni hanno dovuto affrontare, dovremmo essere orgogliosi.

 

Una dura lotta, certo: durata dal V al XX Secolo. Ma il momento più duro è stato l’inizio, quando tutti erano storditi dal collasso della civiltà, quando tutto era crollato nell’arco di una generazione che aveva visto prosciugarsi l’acqua corrente, occludersi irrimediabilmente le fogne, chiudere le scuole e i tribunali, svuotarsi i mercati e le città, e alla fine calare i barbari.

Quell’ultima generazione nata sotto l’impero e cresciuta a scuola, e poi scomparsa nelle tenebre di un mondo decaduto dove i suoi figli la scuola non poterono mai vederla, è quella che ha dovuto soffrire e lottare più di ogni altra: la generazione precipitata nell’abisso dei Secoli Bui, e che per prima ha dovuto cominciare a riarrampicarsi nell’oscurità.

Nell’oscurità, e senza nessuno che prendesse nota così che i suoi sforzi fossero ricordati.

 

La storia di quella generazione è ciò a cui voglio rendere onore con questo racconto.

 

Orio Giorgio Stirpe

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